Intervista a Canova: “Vi spiego come realizzare l’economia della felicità”

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Foto di Fabio Sabatini

“Un economista eterodosso, ma riformista”. A definire così Luciano Canova, docente di Economia Sperimentale alla Scuola Mattei dell’Eni è l’udinese Gabriele Giacomini

Di Luciano Santin – Messaggero Veneto, 26 gennaio 2013

“Un economista eterodosso, ma riformista”. A definire così Luciano Canova, docente di Economia Sperimentale alla Scuola Mattei dell’Eni è l’udinese Gabriele Giacomini, ricercatore presso l’Università San Raffaele, che assieme al gruppo “Il Discorso” ne ha organizzato la venuta a Udine. Oggi alle 17.30, alla libreria La Feltrinelli, ci sarà un incontro-dibattito (che vedrà protagonista anche il sindaco Honsell), sull’economia della felicità, tema dell’ultima fatica di Canova, Una gabbia andò a cercare un uccello, edito da Scheiwiller. Un testo originale, pieno di scarti e di metafore, che però – avverte l’autore – non contiene tesi rivoluzionarie, e neppure nuove, ma recupera un pensiero già proposto, e da qualche tempo accantonato.

Partiamo dal titolo, un aforisma di Kafka. La gabbia è l’odierno paradigma della crescita consumistica? “Il libro intende semplicemente ragionare sui modello dell’attuale economia, basati su gabbie numeriche cui sfuggono parecchi elementi. Poi è diventato più ampio, ma il titolo è rimasto. Per riassumerlo in una frase, è una riflessione sul segno più. Che cosa significa e cosa vale”.

Li si allinea al vecchio adagio “i soldi non fanno la felicità”, dicendo che la felicità è nel rapporto? “Si, nella rete delle relazioni con gli altri, con l’ambiente, con la trascendenza, perché con l’idea di Dio si confrontano tutti, paradossalmente anche gli atei. Il soddisfacimento dei bisogni di base e un certo grado di gratificazione sono imprescindibili, però da soli non bastano, occorre integrare questa visione con la psicologia”.

E l’economia corrente non ne tiene conto. “Pure un economista classico come Adam Smith ha proposto una bella immagine: la società nasce come una sorta di orchestra in cui ciascuno tende perennemente ad accordarsi con se stesso e gli altri. Siamo appunto alle relazioni. E all’etica, che è genitrice della felicità”.

Hanno detto che Dio e Marx sono morti, e il mercato? “Non sta tanto bene, per parafrasare Woody Allen. E’sbagliato vedere il Pil come verbo assoluto, anche perchè è solo l’istantanea di una variabile di flusso. Ma queste cose sono già state precisate dal papà del Pil. Simon Kuznets, l’economista americano che ha introdotto il concetto di Prodotto interno lordo, in una relazione fatta al congresso nel 1934, ha detto che inferire il benessere di una nazione dal reddito è assolutamente insufficiente”.

Ma è possibile misurare la felicità? “Oggi è possibile rilevare gli stati edonici con una certa robustezza scientifica. Ci sono gli studi di Daniel Kahneman, uno psicologo cognitivo insignito del nobel per l’economia nel 2002. E quelli di Richard Easterlin, che ha dimostrato come la curva del reddito diverga da quella del benessere.

La costituzione americana sancisce il diritto alla ricerca della felicità. Che si è detto, sta nella relazione. Ma il modello competitivo-consumistico Usa parrebbe in controtendenza piena. “E’ormai compromesso, come dimostrato anche dalla montante obesità infantile. Ma ci sono segni concreti di controtendenza nell’azione di Obama. Ancora più in quella di Cameron, che in Inghilterra ha fatto un autentico censimento della felicità”.

Guardando all’Italia, come valuta l’operato di Monti? “Monti ha attuato una politica recessiva, ma aveva davanti i gravissimi problemi accumulatisi in un ventennio, e poco tempo. Ora occorrono politiche per la crescita, e una ridefinizione delle politiche di welfare. Un capitolo che faceva parte dell’agenda Biagi, e che dopo il suo assassinio non è mai stato attuato”.

Tratto da “Il Messaggero Veneto” del 26 gennario 2013

Author: Gabriele Giacomini